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Supererò le correnti graviDazionali

Oggi mi sono lanciata alla febbrile ricerca di lenzuolini per bambini, perché servono in Capanna (la casa-famiglia dove presto servizio). Naturalmente già la premessa era sbagliata, perché è risaputo che il mondo “graviDazionale” è un sistema socio-economico a parte: esso è un ramo, peraltro molto frondoso, del poderoso albero che è l’universo femminile (!) e in più ci stanno dentro i bambini. Non poteva che essere il caos.

Il caos per una sprovveduta come me, sia chiaro, perché puerpere e madri in genere sanno perfettamente di che si parla, che fare e dove andare, conoscono regole, gestiscono sistemi di potere, detengono i codici. Loro.

Io, che pure come donna ancora non c’ho ben chiare le cose (per me una borsa è una borsa, non ha un nome proprio; la texture del fondotinta non ha il numero definito per la mia pelle: devo provarlo ogni volta; e qui lo dico e qui lo nego: so qual è la mia taglia di reggiseno, ma non riesco a memorizzare la coppa), annaspo. Insomma, vado in un supermercato, cerco un po’: niente.

Chiedo a una commessa e mi guarda come se fossi la peggio carogna del peggior bar di Caracas: “queste cose (tono cazziatorio) si trovano nei negozi specifici per bambini” e siccome il suo sguardo non ammetteva repliche tipo quella che avevo in mente ( “vabbé ma siamo nel reparto tessili e non in quello salumeria, apprezzi almeno questo”) ho chiesto timidamente quali fossero. Nuovo sguardo di disappunto per la serie “ecco quella che si è voluta divertire fino a mo” e sciorina “Prenatal, Chicco, Bimbi&mamme (sì, lo ha pronunciato con la &) che sta pure qua vicino”.

Parto alla volta di questo posto, che scoprirò essere una delle porte di quell’universo parallelo. Ora, qui tocca aprire parentesi: Bimbi&mamme??? Cioè, ci trafiggono i cabasisi con la storia del gender e poi a uno che apre un negozio che si chiama bimbi&mamme nessuno dice nulla? E i papà? Sti creaturi nascono tutti per partenogenesi? E l’altra parte essenziale alla procreazione? Cacata zero. La reazionaria che è in me è fortemente tentata di sabotare la catena commerciale, ma devo portare a casa il risultato.

Chiedo il lenzuolino alla commessa. Sguardo canzonatorio: “intanto (!) è per un maschietto o per una femminuccia?”. Per la serie: “non mi hai detto i fondamentali, bella”. Dico che non si conosce il sesso, ma che immagino che per delle lenzuola non sia importante. Ho detto un’eresia e lo capisco immediatamente dal suo sguardo e lei rincara la dose perché, spiega, serve per scegliere la nuance del filato. Inizio a sudare freddo. In un attimo sfila davanti a me l’esame di Storia Romana, dove ogni mia risposta alle domande del prof era un passo in più verso il baratro di domande sempre più difficili cui seguiva la bocciatura. Incalza: “che tipo di lenzuola: navetta, culla o lettino?”.

Scanso l’immagine del nascituro con la divisa di autista Gtm che guida la navetta per i negozi del centro. Deglutisco. Non conosco la risposta, ma ho paura di ammetterlo. Col prof di Romana almeno lo ammettevo. Dentro di me un improvviso moto di sopravvivenza mi suggerisce di cedere l’onore delle armi, perché tanto se anche sapessi rispondere comincerebbe a chiedere quanti mesi ha la forma di parmig…ehm il bambino, se dorme supino o fetale ed ogni quanto si sveglia.

Non lo so, non so niente, sono in un posto che si chiama bimbi&mamme, non sono contemplate i papà, chi vuoi che si caghi una zitella volontaria che non è manco parente del criaturo. “Guardi, torno con più informazioni, tanto per il parto c’è ancora tempo”. Appena pronuncio quelle parole il nodo in gola si scioglie, la temperatura corporea si stabilizza, esco e respiro, leggera.

Domani a comprare gli optional per l’Enterprise del nascituro ci andrò con una amica mamma. Ne ho tante, qualcuna è rimasta normale

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